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MARIA SABINA LEMBO- Avvocato penalista e tributarista, Giornalista pubblicista iscritta all'Albo, Autore di pubblicazioni giuridiche, Relatore e chairman in convegni giuridici,Fondatore e Responsabile giuridico di www.giuristiediritto.it

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mercoledì 6 luglio 2011

ingiuria e minaccia e rapporti con lo stato di provocazione

CASSAZIONE PENALE, Sezione IV, Sentenza n. 34247 del 4 settembre 2009
(ingiuria e minaccia e rapporti con lo stato di provocazione)

IN FATTO
Con sentenza del 24.11.2008 il Giudice di Pace di Acri ha assolto C.E. dall'addebito di minacce in pregiudizio di M.M. ("... ti squarto") perchè il fatto non sussiste, con la formula dell'art. 530 cpv. cod. pen. e dall'accusa di ingiurie in danno della predetta M. ("brutta puttana") per avere agito in istato di provocazione ex art. 599 c.p., comma 2.
Ricorre il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Cosenza deducendo - l'inosservanza della legge penale e processuale ed il vizio di motivazione nel giudizio di inaffidabilità della voce della persona offesa, rapportato a quanto risultante dalla querela e quanto riferito dalla stessa, smentito da accertamenti; trascurando le dichiarazioni di altri testimoni, che confermarono l'episodio narrato dalla querelante ovvero richiamando circostanze non risultanti dagli atti; omettendo di motivare sulle ragioni di minor credibilità della testimone della minorenne C.E. V.; palesando in tal modo un atteggiamento di pregiudiziale avversione alla tesi di accusa, ecc; - la violazione della legge penale per avere ravvisato nel comportamento della M., che aveva "rubato il marito della propria figlia" una situazione descritta dall'art. 599 c.p., comma 2, ad esimente delle ingiurie.

IN DIRITTO
Il ricorso non è fondato.
Il primo motivo del ricorrente, dalla prosa talora oscura, è inammissibile perchè grandemente versato in fatto: la valutazione giudiziale delle risultanze probatorie è accompagnata da giustificazione sostanzialmente adeguata. Trattasi di vicenda dalle dimensioni modeste, animata da risalenti rancori, in cui l'improprio richiamo probatorio alle risultanze portate dalla querela (ed a fatti che sono estranei al portato probatorio versato al dibattimento) viene superato dalle puntuali notazioni sulla dubbia attendibilità della voce della persona offesa, attese le tensioni non sopite tra i protagonisti. Non è consentito al giudice di legittimità scendere ulteriormente nel vaglio della considerazione espressa sui risultati istruttori dal giudice di merito, quando lo sviluppo argomentativo fornisce sufficiente traccia del percorso logico seguito a sostegno del convincimento giudiziale.
Del pari infondato è il secondo mezzo.
Certamente la "sottrazione", resa con il consenso delle parti, del coniuge non può qualificarsi connotata da illiceità penale, essendo stato abrogato il reato di adulterio. Ma, del pari, è certo che al momento della separazione dei coniugi è possibile ravvisare profili di "addebito" e, dunque, suscettibili di valutazione critica: il rispetto dell'accordo sottostante al matrimonio e della dignità di ogni componente del nucleo familiare assume il connotato di un preciso diritto a cui corrisponde responsabilità civile in capo al responsabile della relativa lesione. Come tale la condotta di chi cagiona la rottura del vincolo coniugale, così come la stessa infedeltà del coniuge, possono, a buon titolo, ritenersi presupposto della speciale esimente dell'art. 599 c.p. Esimente applicabile anche nel caso in cui la reazione dell'agente sia stata diretta contro persona diversa dal provocatore, quando quest'ultima sia legato all'offeso da rapporti tali da giustificare, alla stregua delle comuni regole di esperienza, lo stato d'ira e quindi la reazione offensiva.
Pertanto la decisione rispetta la corretta lettura normativa ed il ricorso risulta infondato e viene rigettato.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso.

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